Nel pensare a un articolo che facesse un po’ il punto sulle identità non binarie nel panorama musicale, mi sono reso conto che il discorso sarebbe stato ampio e molto articolato da trattare nelle mie due cartelle mensili qui sul BlogMiX. Già soltanto nel fare una lista superficiale dei primi nomi che mi sono venuti in mente – ve ne riporto alcuni, giusto per farvi avere un’idea: Sam Smith, King Princess, Princess Nokia, Keiynan Lonsdale, Mykki Blanco, Big Freedia – mi sono reso conto della diversa di esperienze, della trasversalità di pubblico, di genere e di produzioni, che avrei dovuto affrontare. Horror vacui, il panico da pretesa di esaustività… Ho rimandato per circa un mese e dieci giorni.
Ho provato allora a restringere il campo in base ai miei gusti e agli ascolti più recenti, cercando di individuare artist* che riuscissero a restituire la complessità ideologica del vissuto non binario all’interno della loro produzione musicale. Ho selezionato quindi cinque artist* non binary, divers* tra loro ma accomunat* dalla capacità di trasportare l’esperienza di persone gender nonconforming a un livello di sperimentazione estetica e musicale. Da questa selezione – parziale e personalissima – sembra emergere un modello caratterizzato da un estremo eclettismo, capace di piegare e adattare strumenti e messaggi al mutamento del corpo e della consapevolezza, di riproporre in musica quell’esperienza di ricerca di una dimensione autodeterminate tipica del non binarismo, il rifiuto e il superamento di modalità espressive rigide ed escludenti.
Arca
Quando si parla di nonbinary e gender nonconforming nell’industria musicale, ci sono dei nomi obbligatori. Uno tra questi è Alejandra Ghersi, producer conosciuta come Arca. Fin dal debutto nel 2011, la sua costante è stata il gusto per la decostruzione, per la fusione artistica dei generi e l’identità in continuo mutamento. Lei stessa racconta che la parola “arca”, in spagnolo antico, rimanda a un contenitore cerimoniale per gioielli e oggetti di valore, uno spazio vuoto a cui possono essere attribuiti qualsiasi musica, qualsiasi significato. Arca ha sempre contenuto moltitudini. In ogni fase della sua carriera ha fatto un passo in avanti sia dal punto di vista artistico che personale: dal mondo ipnotico e avvolgente di “Mutant”, alla nudità oscura, dolorosa e brutale di “Arca” fino allo statement di “KiCk i”:
”Voglio essere vista come un ecosistema di stati del sé minori senza essere privata della dignità di essere un tutto.
SOPHIE
Qualcuno ha provato a definire la musica di SOPHIE, producer trans rivoluzionari* mort* prematuramente il 30 gennaio ad Atene, dopo essere cadut* mentre si arrampicava per guardare la luna piena. La parola coniata è “hyperpop”: un pop massimalista, che mescola cultura underground, hip hop ed elettronica d’avanguardia. Ma in realtà proprio come Sophie Xeon, la sua musica è oltre la definizione di genere. Dai primi lavori per la PC Music, etichetta pioneristica di un pop sintetico e futuristico, alle produzioni per Madonna e Charlie XCX, fino all’unico album in studio “Oil Of Every Pearl’s Un-Insides”, SOPHIE ha cambiato la musica pop con una visione unica e decisa, basata sulla contorsione, sulla destrutturazione e la ricostruzione dei suoni, che rifugge i limiti univoci. Proprio come il suo personaggio pubblico, passato da un estremo riserbo sulla propria identità che più volte ha confuso i media, fino a diventare un’icona transgender.
Kae Tempest
Rapper, poeta, scrittric*, drammaturg*, Kae Tempest nel 2014 ha pubblicato la sua seconda raccolta di poesie, “Hold Your Own”. La collezione trae la sua struttura tematica dalla vita del profeta greco Tiresia, nato ragazzo, trasformato in donna, tornato uomo nell’età adulta e accecato da Zeus ed Era. Transizione e mutazione ritornando come parte di temi nell’album “The Book of Traps and Lessons”, in cui ci sono messaggi di forza d’animo personale, promemoria per amare chi ci è car* e per dare priorità alle cose importanti della vita. Tempest nel 2020 ha fatto coming out come nonbinary e ha spiegato la scelta del suo nome di elezione:
”Una vecchia parola inglese che significa ghiandaia. Le ghiandaie sono associate alla comunicazione, alla curiosità, all’adattamento a nuove situazioni e al coraggio, la parte più importante al momento. Può anche rimandare alla taccola, l’uccello che simboleggia la morte e la rinascita. Ovidio disse che la taccola ha portato la pioggia. Che adoro. Ha le sue radici nella parola latina rallegrarsi, essere grati e trarre piacere. E spero di vivere di più in questo modo ogni giorno.
Shamir
Capelli raccolti in odango coronati di farfalle, lunghe trecce nere, bianche, viola, che sono poi i colori della bandiera nonbinary. La forza dell’estetica di Shamir sta nei dettagli dei suoi capelli, del suo viso che mescola, in un equilibrio di energie, maschile e femminile. Una fluidità che si ritrova anche nella sua produzione musicale, che rifiuta qualsiasi linearità di percorso e accentua ogni volta un cambio di genere imprevedibile: nei suoi sette album, Shamir passa dal pop dance ed elettronico, attraversa la musica lo-fi e arriva fino al synthpop, al country e al rock dell’ultimo lavoro “Shamir”, un album nato e assemblato durante la quarantena in cui confluisce tutta l’estetica e il lavoro artistico maturato negli anni.
Yves Tumor
Ner*, omosessuale, nat* e cresciut* a Knoxville, in Tennensee, dove inizia fare musica per reagire a un ambiente che definisce «conservatore, razzista, omofobo e sessista». Di Sean Bowie si sa poco altro, la sua figura è circondata da mistero, così come anche l’immaginario musicale. Alexis Petridis definisce straordinaria la sua immaginazione creativa «sperimentale, capace di qualsiasi genere, con una logica interna che alimenta i suoi cambiamenti di umore». È una musica distesa ma allo stesso tempo carica di inquietudine, abrasiva, legata a un’aggressività vulnerabile e fragile, sostenuta dalla commistione di elementi di ambient, soul e rock.
Spero di averti incuriosit* su quest* artist*! Ascolta la playlist sul canale Spotify del MiX Festival a loro dedicata!