Qualcuno pensi ai bambini! - MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer

Chi non ha mai sentito parlare del famigerato “indottrinamento gender dei bambini”? Eppure è questo il nemico invisibile – e del tutto inventato – a cui viene fornito un nome appositamente in lingua straniera per aumentare la preoccupazione dei genitori verso qualsiasi contenuto per bambini e bambine che possa essere maggiormente inclusivo o diminuire le differenze di genere.

Un caso particolarmente eclatante è avvenuto nel 2015, quando il sindaco di Venezia mise al bando una lista di 49 libri dalle scuole dell’infanzia ed elementari della città. Libri come “piccolo blu e piccolo giallo” di Leo Lionni – colpevole di aver generato dall’amicizia dei protagonisti che danno il nome al libro un “piccolo verde” e a catena una serie di mescolanze cromatiche insegnandoci che la valorizzazione delle differenze si può coniugare con un trattamento equo nei confronti di tutt* – sono stati letti con la lente d’ingrandimento complottista che vede solo ciò che vuole: un’ottica che riduce il significato della totalità dei testi.

Nonostante i numerosi sforzi delle crociate anti-gender, il mondo culturale sta producendo sempre più contenuti che non fingono più che certe realtà – come quella LGBTQIA+ – non esistano. E questo avviene anche nei cartoni animati. In Italia, uno tra i paesi principali di importazione dei cartoni giapponesi anime, negli anni le censure sono state numerose, ma ora è giunto il momento per le nuove generazioni di non essere tenute all’oscuro e per noi di vedere finalmente sullo schermo televisivo quell’amore tra Michiru e Haruka, Sailor Neptune e Sailor Uranus, soffocato durante gli anni ’90.

Cartoon Network e Rebecca Sugar: il coraggio di rappresentare

Molteplici case di produzione di cartoni animati hanno aperto le porte a rappresentazioni inedite della comunità LGBTQIA+ e ne hanno fatto un vanto. Se per alcuni episodi si potrebbe trattare di rainbow washing o di tentativi di appropriarsi di risultati di lotte mai combattute per capitalizzarle, questo non è il caso di Cartoon Network.

Marceline e Gommarosa

Un’avventura lunga 8 anni

Nel 2010 Rebecca Sugar, bisessuale e non-binary, entra a far parte della squadra della serie “Adventure Time” e inizia a lavorare per fare in modo che vi sia una maggiore rappresentazione di personaggi LGBTQIA+ in contenuti per un pubblico di ogni età, tra cui i cartoni animati. Ci riesce: nel 2018 le personagge Marceline e Gommarosa vengono confermate come coppia lesbica nella puntata “Vieni insieme a me”.

Dai margini al mainstream

Ma il suo lavoro di “portare storie LGBT dai margini al mainstream” non si ferma. Nel 2013 nasce “Steven Universe”. Il cartone si concentra sulla bisessualità, sull’attrazione tra persone dello stesso sesso, traumi e consenso. Questo lo rende complesso ma unico nel suo genere. Tra i personaggi da citare ci sono Garnet nata dall’amore tra due gemme, Rubino e Zaffiro, che si presentano come soggetti femminili; Stevonnie, ossia la fusione tra il protagonista Steven e la sua migliore amica Connie, non-binary e intersessuale; Perla, la fedele spadaccina innamorata della sua capitana Quarzo Rosa; e Flourite, rappresentazione del poliamore. Magico è il momento delle nozze tra Rubino e Zaffiro, trasmesso in Italia a novembre 2018, e che ha meritato il premio Outstanding Kids & Family Programming al 30simo GLAAD Media Awards che celebra la rappresentazione della comunità LGBTQIA+ da parte dei media.

Il matrimonio tra Rubino e Zaffiro

Rebecca Sugar venne in Italia a Lucca Comics & Games nel 2019 in occasione della prima italiana di “Steven Universe: il film” e al ringraziamento da parte del pubblico per aver portato alla luce e aver messo al centro personaggi e personagge LGBTQIA+ rispose:

“Questo tipo di lavoro ve lo meritavate già dieci, vent’anni fa!”

Disney: a piccoli, timidi passi

Situazione diversa è quella di Disney. Nei suoi lungometraggi animati possiamo trovare indizi, strizzate d’occhio o ispirazioni al mondo queer, senza che queste vengano effettivamente approfondite. Spesso ci ritroviamo davanti a personaggi macchietta, come l’adorante Le Tont del prestante Gaston ne “La Bella e la Bestia” (ormai inteso canonicamente omosessuale dopo l’omonimo film del 2017), oppure la comunità LGBTQIA+ viene associata alle personalità cattive della scena, come la strega del mare Ursula ispirata alla leggendaria drag queen Divine ne “La Sirenetta”

Nel più recente “Onward – Oltre la magia” appare la poliziotta lesbica o bisessuale Specter che non nasconde di avere una compagna. Non si può non ammettere che sia un inizio di qualcosa, ma è ancora una rappresentazione troppo lontana dal centro.

I papà di Viola

“Sono con papà”

“Ducktales” invece va nella direzione giusta, soprattutto considerando la presa di posizione dello sceneggiatore e co-produttore esecutivo Frank Angones che ha specificato che non si tratta di un escamotage di rainbow washing ma di volontà di realizzare un mondo ricco e variegato come quello nella realtà. Nell’episodio “Challenge of the Senior Junior Woodchucks!” l’amica Viola di Qui, nei panni di Giovane Marmotta, viene sostenuta durante una competizione tra scout dai suoi due padri, riconoscibili per le loro magliette con delle frecce che indicano il rispettivo compagno e le scritte “Sono con papà”.

Non ci sono spiegazioni eterosessuali per tutto questo

Lo stesso si può dire della serie “The Owl House – Aspirante strega” che mette in scena il timore adolescenziale della strega Amity di dichiarare il proprio amore alla protagonista della serie Luz. La sceneggiatrice bisessuale Dana Terrace, condividendo su Twitter un’immagine dell’episodio “Wing it like witches”, rispose a un commento esplicitando che non ci fosse una spiegazione eterosessuale per quello che stava accadendo sullo schermo.
Entrambi i cartoni animati sono stati nominati dai 32simi GLAAD Media Awards per le categorie Outstanding’s Children Programming e Outstanding Kids & Family programming.

Luz e Amity

I sogni son desideri…

L’apertura alla rappresentazione LGBTQIA+ da parte di grandi case di produzione di cartoni animati è evidente ma una domanda sorge spontanea: quando vedremo sul grande schermo protagonist* dichiaratamente parte della comunità in lungometraggi animati?
Insomma, qualcun* pensi davvero a bambini, bambine e bambin*!

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